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martedì 21 marzo 2017

Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio


Se la sera uscite per Roma può capitare, di tanto in tanto, di assistere a cerimonie che hanno tutto il sapore del passato!
Ieri, verso le 17.00, mi trovavo a passare nei pressi del Maxxi, in via Guido Reni. Di fronte, sull’altro lato della strada, era in corso la mostra del videogioco. Poco oltre invece, verso la via Flaminia, si trova la “Basilica di santa Croce a via Flaminia”, e di quest’ultima che vi parlo.
Io e mia moglie siamo entrati nella chiesa per vedere quali opere d’arte conteneva e, di colpo, siamo stati proiettati nel passato… immersi in un’atmosfera d’altri tempi!

A destra della navata centrale, nella cappella dedicata a San Giorgio, aveva corso una cerimonia particolare cui prendevano parte alcuni cavalieri del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.
Poi, documentandomi, ho scoperto che nella Basilica ha sede la Reale Deputazione del ramo spagnolo dell’Ordine cavalleresco.
Il sacerdote e i Cavalieri hanno celebrato la messa, una messa particolare, nel corso della quale sono stati ricordati i Cavalieri dell’Ordine ed è stata letta la preghiera del Cavaliere:

Signore Gesù, che Vi siete degnato di farmi partecipare alla Milizia dei Cavalieri Costantiniani di San Giorgio, Vi supplico umilmente, per intercessione della Beata Vergine di Pompei, Regina delle Vittorie, del valoroso San Giorgio Martire, Vostro glorioso Cavaliere, e di tutti i Santi,
di aiutarmi a restare fedele alle tradizioni del nostro Ordine, praticando e difendendo la Santa Religione Cattolica, Apostolica, Romana contro l'assalto dell'empietà. Essa diventi per me armatura di fede e scudo di buona volontà, sicura difesa contro le insidie dei miei nemici, tanto visibili quanto invisibili. Vi prego affinché possa avere la grazia di esercitare la Carità verso il prossimo
e specialmente verso i poveri ed i perseguitati a causa della Giustizia. Datemi infine le virtù necessarie per realizzare secondo lo spirito del Vangelo, con animo disinteressato e profondamente cristiano, questi santi desideri per la maggior Gloria di Dio, la Glorificazione della Santa Croce e la Propaganda della Fede, per la Pace del Mondo ed il bene dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio.
Amen.”
Nel corso della messa, cui assistevano pochissimi curiosi, è stata consegnata una pergamena ad uno dei Cavalieri, chissà per quale opera di benemerenza.

Durante il rientro a casa, con mia moglie ci siamo chiesti qual era il compito dell’Ordine cavalleresco alla sua nascita e quale sia il compito attuale, nella società moderna.

Alla prima domanda è semplice rispondere, le informazioni sono reperibili su internet e il sito ufficiale dell’Ordine ci spiega che “Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio è un Ordine Equestre le cui origini, per tradizione, vengono fatte risalire all’Imperatore Costantino, dopo l’apparizione della Croce a Saxa Rubra, ed è pertanto considerato uno dei più antichi ordini cavallereschi. Si propone la propagazione della Fede e la glorificazione della Croce e dà il suo contributo d’azione e di attività nelle opere di Assistenza Sociale e Ospedaliera.”
Sul sito è detto che il più antico documento conosciuto, relativo ai Cavalieri Costantiniani, risale al 1190 ed è lo statuto riformato dall’Imperatore d’Oriente Isacco IV Angelo Flavio Comneno.
Il Gran Magistero passò di padre in figlio nella dinastia dei Comneno fino all’ultimo di loro, quindi passò al Duca di Parma Francesco Farnese. Nel 1718 il Papa Clemente XI, con la bolla “Militantis Ecclesiae”, pose l’Ordine sotto la protezione della Santa Sede. La suprema dignità dell’Ordine passò poi ai Borbone. Da allora la famiglia Reale ne conserva il Gran Magistero. 
Dal 14 dicembre del 1900 a causa di dispute interne alla casa borbonica sulla successione, anche l’ordine si è separato in due rami, quello franco-napoletano e quello ispano-napoletano. L’attuale Gran Maestro del ramo ispano-napoletano è S.A.R. don Pedro di Borbone delle Due Sicilie, duca di Calabria, mentre per il ramo franco-napoletano è il Principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Castro. Ho trovato anche traccia della riconciliazione avvenuta tra le due casate (nel 2014), ma subito dopo i due rami hanno smentito gli accordi. Dunque oggi esistono ancora i due rami separati.
Questa, in sintesi, la storia passata, ma non sono riuscito a trovare risposta alla seconda domanda: qual è il compito, il servizio, che un antico ordine cavalleresco come questo può rendere oggi alla società?
Immagino che la risposta vada cercata tra le parole: “Si propone la propagazione della Fede e la glorificazione della Croce e dà il suo contributo d’azione e di attività nelle opere di Assistenza Sociale e Ospedaliera.”

Eppure sul sito ufficiale abbiamo cercato di capire quali attività si svolgono a Roma, anche perché sarei curioso di assistere (eventualmente partecipare), per quanto nelle mie possibilità. Roma è grande e immagino che qualcosa tenga occupati i Cavalieri (tempo addietro mi è capitato di partecipare ad una distribuzione di viveri ai poveri organizzata dai Cavalieri dell’Ordine di Malta).
Apparentemente l’unica attività permanente, a Roma, è la celebrazione mensile della santa Messa.

Forse un po' poco per un’Ordine Cavalleresco che opera a Roma, ma d’altra parte non si può pretendere troppo al giorno d’oggi, in una società ormai priva di valori di carità cristiana e tutta dedicata ad apparire piuttosto che a fare.
Dove sono oggi i giovani, quelli che in ogni tempo, hanno costituito il nerbo degli eserciti e portato avanti le idee nuove mantenendo pure uno sguardo alla tradizione?
Chi sono oggi, i Cavalieri della fede?
Chi è che li guida?
Ha ancora senso l’appartenenza ad un Ordine Cavalleresco, in una società come la nostra?
Come si concilia in ambito ecclesiale la Tradizione con la attuale posizione della Santa Sede?

Alessandro RUGOLO

 

domenica 19 marzo 2017

Cifratura dei dati e DNA


Marlene e George Bachand (Photo by Lonnie Anderson - https://share-ng.sandia.gov/news/resources/news_releases/dna_storage/)
Gli scienziati dei Sandia National Laboratories stanno cercando dei partners per l'applicazione di tecnologie per la cifratura di testi utilizzando la tecnologia del DNA sintetico.
La cifratura è molto più robusta delle tecnologie convenzionali e praticamente impossibile da rompere, dicono i ricercatori.

Nel settembre del 2016, il team dei laboratori Sandia ha concluso un progetto triennale di ricerca dal titolo “Syntetic DNA for Highly Secure Information Storage and Transmission”.

Il progetto ha consentito di sviluppare un nuovo metodo per cifrare e memorizzare informazioni utilizzando il DNA.

Attualmente il team si sta preparando per richiedere il brevetto e per approntare le tecnologie del prossimo livello, quello applicativo.

Stiamo discutendo con diversi interlocutori con l’obiettivo di trovare finanziatori per continuare il nostro lavoro”, ha detto George Bachand, un bioingeniere del centro Sandia per le nano tecnologie integrate e principale ricercatore del progetto. Egli ha aggiunto che è troppo presto per fornire molti dettagli sulle discussioni ma ha informato che sia il dipartimento di Stato americano che il dipartimento della Difesa lo ha contattato. Tra le potenziali applicazioni, come per esempio la conservazione di documenti storici, Bachand prevede di utilizzare la tecnologia per memorizzare la storia dei materiali: luogo, data e tempo di preparazione e il numero del lotto di produzione.

“Immaginiamo ora se si potessero prendere tutte queste informazioni, inserirle all'interno di un pezzo di DNA sintetico e attaccarlo al materiale. Questa potrebbe essere una strada semplice per procedere nel certificare che questo materiale non è stato contraffatto e che rispetta le specifiche del fornitore”, queste le dichiarazioni riportate in un articolo di George I. Seffers apparso nel numero di febbraio 2017 di Signal, organo della AFCEA (Armed Forces Communications & Electronics Association).

Ma questa nuova tecnologia apre scenari totalmente nuovi
Se si dedica un po di tempo ad approfondire le possibilità offerte dalla nuova tecnologia sul sito dei laboratori Sandia (http://www.sandia.gov/), si possono trovare interessanti informazioni.

Consideriamo la mole di dati prodotti durante esperimenti di fisica di base, per esempio al CERN, si tratta di numeri indiscutibilmente elevati e per la conservazione, gestione e analisi dei quali occorre impiegate enormi quantità di memoria e, di conseguenza, enormi quantità di energia.

Fino ad oggi le tecnologie impiegate per la conservazione dei dati sono essenzialmente due: analogiche e digitali, entrambe richiedono che i dati siano riscritti ogni circa dieci – venti anni, a causa del degrado dei supporti impiegati. Tra le tecnologie analogiche possiamo considerare anche la carta stampata, che può durare di più ma richiede molto più spazio per la conservazione.

Consideriamo ora il DNA.

Oggi è possibile estrarre il DNA da una sostanza organica e interpretarlo correttamente anche dopo migliaia di anni.

Il DNA contiene in spazi ridotti, elevate quantità di informazioni e, per la loro conservazione, non richiede grosse quantità di energia, sicuramente non paragonabili alle energie impiegate da colossi quali Google per alimentare i propri Data Center.

Marlene e George Bachand, gli scienziati che hanno condotto il progetto, ritengono che una volta sviluppata la tecnologia di base, la tecnica del DNA sintetico occuperà un posto importante nella conservazione sicura delle informazioni nella nostra società.

Naturalmente non è tutto fatto e non è tutto semplice.
Dopo la teoria, ora, si stanno cencando fondi per metterla in pratica, occorre infatti sviluppare le tecniche per “riversare” le informazioni da una forma all’altra e come fare ciò in tutta sicurezza.
Secondo le stime dei due scienziati, è teoricamente possibile memorizzare circa 2,2 petabytes di informazioni (ricordo che un Petabyte vale un milione di miliardi di byte!) in un grammo di DNA!
Gli scienziati dei Sandia Laboratories hanno già sviluppato le tecniche di base per riversare le informazioni tra le diverse tecnologie ed ora stanno cercando di migliorarle per ridurre i tempi e i costi.

Tabella rappresentativa della misura dei dati, wikipedia.
Credo sia inutile dire quali vantaggi economici, ma soprattutto strategici, possa fornire ad una Nazione, l’impiego di questa tecnologia.
La cifratura dei dati utilizzando il DNA sintetico e la possibilità di conservarli, trasmetterli e decodificarli con basso consumo di energia e usando vettori differenti da quelli classici, può dare una marcia in più a chiunque ne possieda la chiave.
Il Sandia National Laboratory è un laboratorio di ricerca multiprogramma gestito dalla Sandia Corporation, una consociata interamente controllata dalla Lockheed Martin Corporation, che opera per il U.S. Department of Energy’s National Nuclear Security Administration e questo la dice lunga su chi possiede la tecnologia.
Ecco un campo sul quale credo valga la pena investire anche da noi in Italia. 
I ricercatori nelle università ci sono, e sono una risorsa per il Paese, speriamo che questo articolo (e quelli che seguiranno sullo stesso argomento) possano indirizzarli verso un campo di ricerca multidisciplinare che potrebbe rivelarsi molto utile per la nazione nel prossimo futuro. 

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 17 marzo 2017

Il fantasma della libreria...

Molto spesso capita di perdermi nei meandri di una libreria...
luminosa o impolverata non ha grande importanza!
Ciò che importa é che vi sia un angolo riservato alla storia, alla filosofia ed ai classici greci e latini... il mio angolo!

"Ha... ha... continua così nonno... mi fai ridere... "

Ti faccio ridere?!?
Ma se non ho ancora iniziato...
E poi questo non é un racconto comico, bensì un racconto molto antico...
e c'é veramente poco da ridere... anzi, ci sarebbe da aver paura!

"Ma io dicevo per la faccia che hai fatto...
sei proprio comico quando fai quel sorrisino beffardo... sembri uno di quei clown nani che si vedono nei film dei cavalieri!
E poi, mio caro nonnino, sei poco serio per raccontare qualcosa di brividoso..."

Ma davvero?
Dovrai ricrederti piccola mia...
ascolta in silenzio, vedremo se le mie parole non ti faranno accapponare la pelle!

"Si dai, nonno...
fammi accapponare la pelle!
Però aspetta un attimo...
Mamma ci porti qualcosa da sgranocchiare?
E anche un pò d'acqua fresca... perché seduti qui, vicino al caminetto, si muore di caldo..."

Bene, visto che ora siamo pronti posso iniziare... anzi, continuare!

Era quasi l'ora di chiusura della libreria del mio amico Mario, quella vecchia libreria che si trova, ora chiusa, all'ingresso del paese, vicino alla piazza con il cavallo, giusto per farti capire...
e come al solito mi trovavo di fronte allo scaffale dei classici greci e latini...
e più che cercare qualcosa in particolare passavo il tempo a sfogliare i volumi più vecchi e impolverati quando...


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 12 marzo 2017

Il Crizia, di Platone (ovvero il racconto di Atlantide)

Era da tanti anni che cercavo un libro che mi era capitato di sfogliare da ragazzino... fu sicuramente per caso... era un libro vecchio e attirò allora la mia attenzione.
Cominciai a rigirarlo per le mani... Platone: i Dialoghi... che titolo strano pensai allora!
Cominciai a sfogliarlo...
Una parola attrasse la mia attenzione... la fantasia di un ragazzo curioso: Atlantide!
Mio padre aveva un libro su Atlantide nella sua biblioteca e io lo avevo letto da poco... chissà cosa c'era di vero, pensai allora...
Provai a leggere qualche riga del libro che avevo allora tra le mani... il Dialogo si intitolava "Crizia". Purtroppo non riuscivo a capire granché per come era scritto... ma non dimenticai mai il titolo... Crizia!
Passarono anni da quel momento e un altro testo di Platone mi capitò tra le mani e risvegliò quell'antico ricordo... il Crizia riemergeva dal passato e con lui Atlantide!
Mi trovavo di fronte ad una bancarella di libri usati, non ricordo più dove, forse a Cagliari al Bastione...
Il libro era vecchio e abbastanza rovinato... Platone... toh! pensai... che sia...
Invece no, si trattava del Timeo, opera monumentale che cominciai a leggere e abbandonai diverse volte fino a che... ancora una volta per caso, arrivai al terzo
capitolo e, sorpresa, ecco ancora una volta Atlantide riemergere dal passato...
Lessi e rilessi il terzo capitolo e cominciai a cercare il Crizia, il seguito del racconto su Atlantide...
Eppure sembrava, fino a poco tempo fa, che il Crizia fosse scomparso... cominciai addirittura a dubitare della mia memoria! Che mi sbagliassi? Che solo nel Timeo Platone avesse parlato di Atlantide? Oppure il troppo tempo passato aveva cancellato o storpiato il ricordo?
Cominciai a cercare su internet ed ecco un testo in lingua inglese, autore della traduzione Benjamin Jowett, letterato inglese del 1800, professore di greco presso la Oxford University e teologo.
Anche se il mio inglese non é certo dei migliori la sfida mi affascina e così inizio a leggere... e rileggere e cercare di capire.
L'idea di tradurre il testo si fa sempre più forte e quasi senza accorgermene mi trovo a capo chino sul testo inglese, circondato da vocabolari di vario genere e la penna in mano che scrive, spesso cose senza o con poco senso, ma scrive!
Il testo non é lungo ma mi occorre comunque molto tempo... e dopo la traduzione il lavoro sembra ancora appena all'inizio. Rileggo e correggo e chiedo spiegazioni a chi conosce l'inglese meglio di me, grazie Raffaele, e rileggo e ricorreggo, sempre insoddisfatto...
E poi alla fine, quasi ci sono, ecco... forse posso cominciare a pensare di riuscire nel mio intento!
Che dire, chissà cosa provò l'illustre luminare, Benjamin Jowett quando terminò il lavoro...
Certo, il mio é un lavoro ben più modesto, ma ne vado comunque fiero... nonostante gli errori che sicuramente ci sono...
Che dire, allora, non resta che pubblicarlo... il Crizia, libera traduzione di Alessandro RUGOLO dal testo inglese di Benjamin Jowett...
Ma prima di augurarvi una buona lettura eccovi presentati i personaggi del dialogo:
Crizia, Ermocrate, Timeo e Socrate...
Ed ora...
Buona lettura!

___________________________

Timeo: Quanto sono grato, Socrate, di esser giunto alla fine e, come un viaggiatore dopo un lungo viaggio, riposarmi in tranquillità. E io prego l'essere che sempre fu e che é stato da me rivelato, di garantire per le mie parole, che possano essere ricordate fintanto che egli le giudichi credibili e accettabili, ma se, non intenzionalmente, io avessi detto qualcosa di sbagliato, prego egli che mi commini la giusta punizione, e la giusta punizione di colui che sbaglia é che sia corretto. Desiderando dunque parlare correttamente in futuro sulla generazione degli dei, lo prego di darmi la conoscenza, che di tutte le medicine é la più perfetta e la migliore. Ed ora, avendo offerto la mia preghiera, io cedo la parola a Crizia, che ci parlerà secondo i nostri accordi.

Crizia: Ed io, Timeo, accetto il vero e come tu all'inizio ai detto che andavi a parlare di argomenti importanti e pregavi di essere tolleranti nei tuoi confronti, anche io chiedo la stessa o maggiore tolleranza per ciò che sto per dire. E nonostante io sappia bene che la mia richiesta possa sembrare scortese, in ogni caso va fatta! Potrà, ogni uomo di buon senso, negare che io avrò ben parlato? Io posso solo fare del mio meglio per mostrare che necessito più indulgenza di te, perché il mio argomento é più difficile; e cercherò di mostrarvi che parlar bene degli dei agli uomini è più semplice che parlare bene degli uomini agli uomini, in quanto l'inesperienza e la grande ignoranza degli auditori sul soggetto è di grande aiuto a colui che deve parlare, e noi sappiamo quanto siamo ignoranti circa gli dei. Ma io cercherò di spiegarmi più chiaramente, Timeo, se vorrai seguirmi. Tutto ciò che é detto da ciascuno di noi può essere solo imitazione o rappresentazione. Se noi consideriamo le immagini che i pittori realizzano dei corpi divini e celestiali, ed i diversi gradi di gratificazione con cui l'occhio dello spettatore lo riceve, noi vedremo che saremo soddisfatti dell'artista che é capace, in massimo grado, di imitare la Terra e le sue montagne, e i fiumi e i boschi e l'universo, e le cose che vi sono e si muovono al suo interno, e dunque, non conoscendo con precisione queste materie, noi non esaminiamo o analizziamo i dipinti; tutto ciò che é richiesto é qualcosa di indistinto e illusorio che in qualche modo sia capace di renderne l'immagine. Ma quando una persona cerca di dipingere la forma umana noi siamo veloci a trovarne i difetti e la nostra familiarità (col soggetto) ci rende giudici severi di chiunque non renda con precisione ogni punto. E noi possiamo renderci conto che la stessa cosa accade nei discorsi; siamo soddisfatti da una descrizione delle cose divine e celestiali che é appena somigliante alla realtà, ma siamo molto più precisi nelle critiche sulle cose mortali ed umane. Dunque, se per qualunque motivo durante il mio discorso io non sarò in grado di esprimere adeguatamente il mio pensiero, dovrete perdonarmi pensando che descrivere adeguatamente le cose umane é tutt'altro che facile. Questo é ciò che io voglio suggerirvi e allo stesso tempo ti prego, Socrate, di poter ricevere non meno ma maggior indulgenza su ciò che dico. Il quale favore, se io sono nel giusto, posso sperare che tu mi vorrai concedere.

Socrate: Certamente Crizia, noi accettiamo la tua richiesta e garantiamo lo stesso trattamento ad Ermocrate, come già fatto per te e Timeo, perché non ho dubbi che quando fra poco sarà il suo turno lui farà la stessa vostra richiesta. Così, affinché lui possa pensare ad un nuovo inizio senza doversi preoccupare di dire ancora le stesse cose, facciamogli capire che l'indulgenza é estesa anticipatamente anche a lui. Ed ora, amico Crizia, ti annuncerò il giudizio del pubblico. Essi sono dell'opinione che l'ultimo che ha parlato ha avuto uno splendido successo e che dunque tu necessiterai una grande indulgenza affinché tu sia in grado di prenderne il posto.
Ermocrate: L'avviso, o Socrate, che tu hai indirizzato a lui, devo considerarlo valido anche per me. Ma ricorda, Crizia, che la mancanza di coraggio non ha mai consentito di conquistare un trofeo; quindi tu devi procedere e attaccare l'argomento come un uomo. Prima invoca Apollo e le Muse, quindi lasciaci sentire come tu glorifichi e ci mostri le virtù dei tuoi antichi cittadini.

Crizia: Amico Ermocrate, a te che per ultimo hai parlato e un altro hai di fronte che non ha ancora perso il coraggio, la gravità della situazione ti verrà presto rivelata, in ogni caso io accetto le tue esortazioni ed incoraggiamenti. Ma tra gli dei e le dee che tu hai menzionato, in particolare voglio invocare "Mnemosyne", in quanto la parte principale del mio discorso dipende dai suoi favori, e se io potrò ricordare e recitare abbastanza di quanto fu detto dai sacerdoti e portato in questo luogo da Solone, io non dubito di essere in grado di soddisfare questo "teatro". Ed ora, senza ulteriori indugi, procederò.
Lasciatemi cominciare osservando, prima di tutto, che a novemila assommano gli anni che son passati dalla guerra che come é stato detto, vi fu tra coloro che vivevano oltre le colonne d'Ercole e coloro che vivevano al loro interno, questa guerra io sto per descrivervi. Sui combattenti, si dice che da una parte la città di Atene fosse a capo e che avesse combattuto misurandosi in guerra; dall'altra parte i combattenti erano comandati dai re di Atlantide che, come avevo detto, era un'isola più grande in estensione di Libia e Asia e che, in seguito, colpita da un terremoto divenne una barriera di fango insormontabile per i viaggiatori che andavano per mare in ogni parte dell'Oceano. Il seguito della storia rivelerà le diverse nazioni dei barbari e le famiglie degli Elleni che esistevano, e come essi successivamente apparirono sulla scena, ma io devo descrivere prima di tutto gli ateniesi di quei giorni, e i loro nemici che combatterono con loro, e quindi le rispettive potenze e i governi dei due regni. Lasciateci dare la precedenza ad Atene.
Nei tempi antichi gli dei avevano distribuito tra loro per sorteggio l'intera terra. Non c'era da discutere; non potete infatti supporre che gli dei non sapessero cosa fosse giusto per ognuno di loro possedere, o, sapendo ciò, che essi volessero ottenere per se attraverso una contesa ciò che fosse più propriamente proprietà altrui. Essi tutti, per mezzo di giusta suddivisione, ottennero ciò che desideravano, e popolarono i loro distretti; e quando ebbero popolato i propri distretti essi accudivano i loro assistiti e possedimenti come pastori che accudiscono le loro greggi, con l'eccezione che essi non usavano la violenza o la forza fisica, come fanno i pastori, ma governavano come i piloti dal timone del vascello, che é la via più semplice di guidare gli animali, tenendo le nostre anime per mezzo dello strumento della persuasione in accordo al loro stesso piacere, così essi guidavano tutte le creature mortali.
Ora, dei diversi avevano i loro assegnamenti in luoghi diversi da loro ordinati. Hephaestus e Athene, che erano fratello e sorella, originati dallo stesso padre, avendo la stessa natura ed essendo uniti dallo stesso amore per la filosofia e l'arte, entrambi ottennero come loro parte questa terra che era adatta per natura alla saggezza e alla virtù; e qui essi impiantarono figli coraggiosi del suolo, e misero nelle loro menti l'ordine di governare; i loro nomi si sono conservati, ma le loro azioni sono sparite a causa della distruzione di coloro che ricevettero le tradizioni e dello scorrere del tempo. Per quanto ci fossero dei sopravvissuti, come ho già detto, essi erano uomini che vivevano sulle montagne, essi non conoscevano l'arte della scrittura e avevano sentito solo i nomi dei capi della terra ma sapevano molto poco delle loro azioni.
Essi erano ancora in grado di tramandare questi nomi ai loro figli ma riguardo le virtù e le leggi dei loro antenati, essi le conoscevano solo attraverso oscure tradizioni e siccome ad essi stessi ed ai loro figli mancò per diverse generazioni il necessario per vivere, essi indirizzarono le loro attenzioni a sopperire ai loro bisogni e di ciò essi conversarono, dopo aver dimenticato gli eventi accaduti in tempi antichi, per la mitologia e la ricerca del passato, vennero introdotti nelle città quando essi cominciarono ad avere del tempo libero e quando videro che al necessario per vivere si era già provveduto, ma non prima. Ed é questa la ragione per cui i nomi degli antichi sono stati conservati fino a noi ma non le loro azioni. Questo io deduco da quanto Solone disse, cioè che i sacerdoti durante il loro racconto di questa guerra nominarono molti dei nomi che sono registrati prima del tempo di Teseo, quali Cecrops e Erectheus ed Erichthonius e i nomi delle donne allo stesso modo. Inoltre in quel periodo le attività militari erano comuni a uomini e donne, gli uomini di allora in accordo con i costumi del tempo, preparavano una figura ad immagine della deità, completamente in armi, affinché testimoniasse che tutti gli animali nel loro complesso, maschi e femmine, possono se lo desiderano, praticare in comune la virtù che deriva da essi senza distinzione di sesso.
Ora, il paese in quei giorni era abitato da diverse classi di cittadini; c'erano artigiani e vi erano uomini di famiglia e vi era anche una classe guerriera, in origine costituita da uomini divini. Questi ultimi vivevano per conto loro e avevano tutto ciò che occorreva per nutrirsi e per l'educazione, nessuno di loro possedeva niente, ma essi utilizzavano tutto ciò che avevano quale comune proprietà, niente essi chiedevano di avere dagli altri cittadini oltre al cibo necessario. Ed essi svolgevano tutti i compiti che noi ieri abbiamo descritto parlando dei nostri guardiani immaginari.
Al riguardo del paese i sacerdoti egizi dicevano che non solo era probabile ma manifestamente vero che i confini in quei giorni erano fissati sull'istmo e che in direzione del continente si estendevano fino alle cime del Cithaeron e Parnes. La linea di confine scendeva in direzione del mare tenendo il distretto di Oropus sulla destra, e il fiume Asopus come limite sulla sinistra. Il territorio era il migliore del mondo ed era inoltre in grado di supportare un grande esercito, accresciuto dai popoli confinanti. La parte dell'Attica che ancora oggi esiste può competere con qualunque regione del mondo per la varietà e l'eccellenza dei suoi frutti e per i suoi ottimi pascoli per tutti i tipi di animali il che prova ciò che stavo dicendo. Ma in quei giorni il paese era giusto e corretto come oggi e più produttivo di oggi.

Come posso far si che crediate alle mie parole? e quale parte di esse possa essere correttamente detta ""il ricordo della terra che fu?". L'intero paese é solo un lungo promontorio che si estende in profondità nel mare, lontano dal resto del continente, mentre il bacino del mare circostante é in ogni luogo profondo in prossimità della riva. Molti grandi diluvi si sono susseguiti durante i novemila anni, perché questo é il numero di anni che sono passati dal tempo di cui sto parlando; e durante tutto questo tempo e attraverso così tanti cambiamenti non c'è mai stato un consistente accumulo di suolo che scendeva dalle montagne, come per altri posti, ma la terra é caduta via tutto attorno ed é sparita dalla vista. La conseguenza é che in confronto a ciò che era, sono restate solo le ossa del vasto corpo, se così si può dire delle piccole isole; tutto il soffice e ricco terreno é andato via e solo lo scheletro della terra é restato.
Ma nella condizione iniziale del territorio le montagne erano alte colline coperte di terra e il piano, così come chiamato da noi, di Phelleus, era ricco di ottima terra e vi era abbondanza di boschi sulle montagne. Di questi ultimi le tracce ancora restano, anche se alcune delle montagne sono oggi capaci solo di fornire sostentamento alle api, non molto tempo fa era ancora possibile vedere tetti di legno, tagliati da alberi che crescevano qui, che erano della taglia sufficiente a coprire le case più grandi. e vi si trovavano molti altri alti alberi coltivati dall'uomo e che producevano cibo in abbondanza per il bestiame. Inoltre la terra era beneficiata dalle piogge annuali, non come oggi che perde l'acqua che scorre via attraverso "le ossa" della terra fin dentro il mare, ma avendosi abbondante rifornimento in tutti i posti e accogliendo l'acqua al suo interno e custodendola nella parte superiore del suolo. Rilasciando poi nelle valli i fiumi d'acqua assorbiti nei luoghi elevati, rifornendo ogni luogo di abbondanti sorgenti e fiumi, delle quali possono essere ancora osservate sacre vestigia in luoghi in cui un tempo esistevano le sorgenti. E ciò prova la verità di quanto detto.
Questa era la condizione naturale del paese, che era ben coltivato, come possiamo ben credere, da vari agricoltori, che fecero dell'agricoltura il loro mestiere, ed erano amanti dell'onore e di nobile natura, e avevano il miglior terreno del mondo e abbondanza d'acqua e nel cielo sovrastante un eccellente clima temperato. Ora, la città (di Atene) in quel tempo era sistemata in questo modo: prima di tutto l'acropoli non era come é oggi a causa di una unica notte di piogge eccessive che lavarono via la terra lasciando scoperte le rocce, nello stesso tempo vi furono terremoti e quindi una straordinaria inondazione, la terza prima della grande distruzione di Deucalione. Ma in quei tempi antichi la collina dell'acropoli si estendeva dall'Eridano all'Ilissus e includeva il Pnyx da una parte e il Lycabettus come confine dalla parte opposta, ed era ben ricoperta di suolo e livellata in sommità con l'eccezione di uno o due punti.
Al di fuori dell'acropoli ed ai piedi della collina vi abitavano gli artigiani e una parte dei contadini che coltivavano la terra li vicino. La classe dei guerrieri viveva per conto proprio intorno ai templi di Atena ed Efesto, che essi avevano recintato con un recinto semplice simile a quello del giardino di una casa singola. Sul lato nord essi abitavano in comune e avevano costruito dei locali per cenare in inverno ed avevano tutti gli edifici di cui necessitavano per la vita in comune. Oltre ai templi, ma questi non erano adornati con oro e argento, perché loro non ne facevano uso per nessun motivo; essi seguivano una via intermedia tra povertà ed ostentazione e costruivano case modeste nelle quali essi e i loro figli diventavano vecchi, e essi lo passarono ad altri che erano simili a loro stessi, sempre uguale. Ma in estate essi lasciavano i loro giardini e palestre e sale da pranzo e quindi si spostavano nella parte sud della collina adibita allo stesso scopo.
Dove oggi si trova l'acropoli c'era una sorgente che venne disseccata da un terremoto, restarono solo pochi piccoli rivoli che ancora esistono nei pressi ma, in in quei giorni, la sorgente dava un abbondante rifornimento d'acqua per tutti, alla temperatura giusta sia in estate che in inverno. Così é come essi vivevano, essendo i guardiani dei loro stessi cittadini e i leaders degli elleni, che erano i loro bendisposti seguaci. Ed essi avevano cura di preservare lo stesso numero di uomini e donne nel tempo, essendo tanti quanti ne occorrono per scopi simili alla guerra, allora come ora - così si dice, circa ventimila. Questi erano gli antichi ateniesi e in questo modo essi amministravano correttamente le proprie terre e il resto della Grecia. Essi erano rinomati in tutta l'Europa e l'Asia per la bellezza delle loro persone e per le tante virtù delle loro anime, e di tutti gli uomini che vivevano in quei tempi essi erano i più illustri. Ed ancora, se io non ho dimenticato quanto sentito da ragazzino, vi racconterò il carattere e l'origine dei loro avversari. Perché gli amici non devono tenere le proprie storie per se stessi ma devono metterle in comune con questi.
Ora, prima di procedere oltre nella narrazione, io desidero avvisarvi che non dovrete sorprendervi se doveste udire nomi ellenici attribuiti a stranieri. Vi dirò la ragione di ciò: Solone, che aveva intenzione di usare il racconto per il suo poema, ricercò il significato dei nomi e trovò che gli antichi egizi, scrivendo i nomi, li traslarono nella loro lingua e lui recuperò il significato di molti nomi e quando li ricopiò li tradusse nella nostra lingua. Mio bisnonno, Dropide, possedeva lo scritto originale, che é ancora in mio possesso e che io studiai attentamente quando ero un bambino. Dunque, se voi sentirete nomi come quelli usati in questo paese non dovete essere sorpresi perché vi ho raccontato come vi arrivarono. Il racconto, che era molto lungo, iniziava così:
io vi ho già indicato a parole, della suddivisione degli dei, che essi distribuirono l'intera terra in parti che differivano per estensione e costruirono per se stessi templi ed istituirono sacrifici. E Poseidone, ricevendo come sua parte l'isola di Atlantide, divenne padre di figli di una donna mortale e li sistemò in una parte dell'isola che io vi descriverò. Guardando in direzione del mare, ma al centro dell'intera isola, c'era una pianura che si diceva fosse la più sincera/giusta tra tutte le pianure e molto fertile. Vicino alla pianura e nel centro dell'isola, alla distanza di circa 50 stadi c'era, su un lato, una montagna non troppo alta.
In questa montagna viveva uno dei primi uomini nati in quel paese, il suo nome era Evenor, ed aveva una moglie chiamata Leucippe, essi avevano un'unica figlia chiamata Cleito. La ragazza aveva già raggiunto la maturità quando il padre e la madre morirono; Poseidone si innamorò di lei e vi si unì. Spaccando la terra inglobò la collina nella quale lei viveva con zone alternate di mare e terra, più larghe e più strette, l'una circoscritta dall'altra, ve ne erano due di terra e tre d'acqua, che egli formò come ruotando intorno ad un asse. Ognuno aveva la circonferenza sempre equidistante dal centro così che nessun uomo potesse arrivare all'isola, perché le navi e i viaggi non erano come ora. Lui stesso, essendo un dio, non ebbe difficoltà a sistemare in un modo speciale il centro dell'isola, facendo sbucare due sorgenti d'acqua da sotto la terra, una d'acqua calda ed una d'acqua fredda e producendo ogni varietà di cibo che può essere prodotto dal suolo.
Egli divenne padre e crebbe cinque coppie di gemelli maschi e, dividendo l'isola di Atlantide in dieci porzioni, diede al primo nato della prima coppia il territorio in cui abitava la madre e l'area circostante, che era il più grande e il migliore e lo fece re sugli altri; gli altri furono nominati principi e li fece governatori di molti uomini e di un grande territorio. E tutti loro ebbero un nome; il più vecchio, che fu il primo re, lui chiamò Atlas e dopo di lui l'intera isola e l'Oceano furono chiamati "Atlantic". Il suo fratello gemello, nato dopo di lui, ottenne come parte l'estremità dell'isola vicino alle colonne d'Ercole, che fronteggia il paese che oggi é chiamato "regione di Gades" in quella parte del mondo, gli diede il nome che nel linguaggio ellenico corrisponde ad "Eumelus", nel linguaggio del paese é invece chiamato "Gadeirus. Della seconda coppia di gemelli al primo diede il nome "Ampheres" e all'altro "Evaemon". Al più vecchio della terza coppia di gemelli diede il nome di "Mneseus" e "Autochthon" a quello che venne dopo. Della quarta coppia di gemelli chiamò Elasippus il più vecchio, Mestor il più giovane. E della quinta coppia lui diede al più vecchio il nome di Azaes e al più giovane quello di Diaprepes. Tutti questi e i loro discendenti per molte generazioni furono gli abitanti e i governatori di varie isole nel mare aperto e inoltre, come é stato già detto, essi navigarono verso di noi attraverso il paese tra le Colonne, l'Egitto e la Tirrenia.
Dunque, Atlas ebbe una numerosa e onorevole discendenza ed essi mantennero il regno, passandoselo di generazione in generazione al figlio maggiore, per molte generazioni. Essi ebbero una tale quantità di ricchezze che che non fu mai in mano ad alcun re o potentato, e non é probabile che ciò accada in futuro. Essi possedevano ogni cosa di cui necessitavano, sia in città che in campagna. A causa della grandezza del loro impero molte cose furono loro portate dalle nazioni straniere e le stesse isole provvedevano a fornire molte delle cose che servivano loro per le necessità della vita. All'inizio essi estrassero dalla terra qualunque cosa vi si trovasse, solido o liquido, e che oggi è solo un nome ma allora era qualcosa di più di un nome, orichalcum; veniva estratto in molte parti dell'isola essendo più prezioso, in quei tempi, di ogni altra cosa ad eccezione dell'oro. C'era legno in abbondanza per i lavori di carpenteria e pastura sufficiente per gli animali d'allevamento e selvatici.
Inoltre c'era un gran numero di elefanti sull'isola; così come c'era il necessario per tutte le altre specie di animali, sia per quelli che vivono nei laghi, nelle paludi e nei fiumi, sia per quelli che vivono in montagna o in pianura; così c'era per il più grande e più vorace tra tutti gli animali. Inoltre, qualunque cosa commestibile che oggi è sulla terra, si tratti di radici, vegetali, alberi, essenze distillate da frutti o fiori, sviluppate e cresciute vigorose in quella terra, e i frutti che possono essere coltivati, sia il tipo secco che ci é stato dato per nutrimento, e ogni altro che possa essere usato per cibo - noi chiamiamo tutti questi col nome comune di "semi" sia i frutti che hanno un guscio rigido che forniscono da bere e cibi e cosmetici e buone conserve di castagne e simili, che fornisce piacere e benessere, e ci sono frutti che servono per le conserve e piacevoli tipi di dessert, con cui noi ci consoliamo dopo cena, quando siamo stanchi di mangiare - tutto ciò questa sacra isola che un tempo guardava la luce del sole, produceva ogni volta che occorreva, splendide e squisite in abbondanza. Con questa beatitudine la terra li riforniva gratuitamente, nel frattempo essi costruivano i loro templi, palazzi, porti e cantieri navali.
Ed essi provvidero l'intero paese in questo modo: prima di tutto costruirono ponti sulle zone di mare che circondavano le antiche metropoli, costruendo una strada per e dal palazzo reale. E proprio all'inizio essi costruirono il palazzo reale. E proprio all'inizio essi costruirono il palazzo nell'abitazione del dio e dei loro antenati che essi continuarono ad abbellire nelle generazioni successive, ogni re sorpassando quello precedente con la grandezza della sua potenza, finché essi trasformarono il palazzo in una meraviglia che faceva notizia sia per grandezza che per bellezza. E, iniziando dal mare, essi costruirono un canale di trecento piedi di grandezza, cento piedi di profondità e cinquanta stadi di lunghezza, che essi realizzarono attraverso la zona circostante, facendo un passaggio tra il mare e la città-palazzo, che divenne un porto , lasciando una apertura sufficiente atta a consentire ai più grandi vascelli di poter entrare. Inoltre essi divisero, in corrispondenza dei ponti, le strisce di terra che erano interposte alle strisce di mare lasciando lo spazio necessario perché una singola trireme potesse passare da una zona all'altra, quindi ricoprirono i canali così da creare una strada sotterranea per le navi, in quanto i moli erano innalzati considerevolmente al di sopra del livello dell'acqua.
Dunque, la zona più larga attraverso la quale fu realizzato un passaggio/canale sul mare era di tre stadi (circa 600 metri) e la striscia di terra che veniva dopo era della stessa larghezza, ma le due zone successive, una d'acqua e l'altra di terra erano di due stadi, e quella che circondava l'isola centrale era solo uno stadio di grandezza. L'isola in cui si trovava il palazzo aveva un diametro di cinque stadi (circa 1 chilometro). Tutto ciò, incluse le zone e i porti, i quali avevano una larghezza pari alla sesta parte di uno stadio, circondarono con mura di pietra su ogni lato, aggiungendo torri e porte sui ponti in cui passava il mare. Le pietre usate per il lavoro furono scavate dal sottosuolo del centro dell'isola e dal sottosuolo delle aree più interne e più esterne. Un tipo era bianca, un altro nera ed un terzo rossa. E come le estraevano, essi allo stesso tempo scavavano un doppio magazzino, che aveva i tetti formati dalla roccia nativa. Alcune delle loro costruzioni erano semplici ma in altre essi misero assieme pietre differenti, variando i colori per compiacere gli occhi e per essere una sorgente naturale di delizia. L'intero circuito del muro, che circondava la zona più esterna, essi la ricoprirono con un tappeto d'erba e il circuito del muro essi ricoprirono con metallo argenteo/bianco, e il terzo che circondava la cittadella luccicava della lucentezza rossa dell'oricalco.
I palazzi all'interno della cittadella erano costruiti in questo modo: nel centro c'era un tempio sacro dedicato a Cleito e Poseidone, che risultava inaccessibile ed era circondato da un recinto d'oro. Questo era lo spazio in cui le famiglie dei dieci principi all'inizio videro la luce e in quel luogo le persone annualmente portava i frutti della terra nella loro stagione da ognuna delle dieci porzioni, come offerta da parte dei dieci principi. Qui c'era il tempio di Poseidone che aveva la lunghezza di uno stadio e la larghezza di mezzo stadio e l'altezza in proporzione, aveva uno strano aspetto barbarico. Tutta la parte esterna del tempio, ad eccezione delle torri, fu ricoperta d'argento e le torri d'oro. All'interno del tempio il tetto era d'avorio, curiosamente rivestito in ogni luogo con oro, argento ed oricalco. e tutte le altre parti, le pareti e le colonne e il pavimento, essi ricoprirono con oricalco.
Nel tempio essi misero statue d'oro: c'era lo stesso dio in piedi in un calesse, il calesse con sei cavalli alati, ed aveva una dimensione tale che toccava il tetto della costruzione con la sua testa. Intorno a lui c'erano un centinaio di nereidi che cavalcavano delfini, per questo si é pensato essere il loro numero degli uomini di quei tempi. Nell'interno del tempio c'erano anche altre immagini che erano state offerte da privati. E intorno al tempio, all'esterno, vi erano piazzate statue d'oro di tutti i discendenti dei dieci re e delle loro mogli, e c'erano molte altre grandi offerte di re o di privati che arrivavano dalla città stessa e dalle città straniere sulle quali essi avevano influenza. C'era anche un altare che in quanto a dimensioni e a lavorazione corrispondeva alla magnificenza del luogo, e i palazzi, allo stesso modo, rispondevano alla grandezza del regno e alla gloria del tempio.
Nel posto successivo esse avevano fontane, una d'acqua fredda e un'altra di acqua calda, che scorrevano con grazia e abbondanza; ed erano splendidamente adatte all'uso grazie alla piacevolezza ed eccellenza delle acque. Essi costruirono edifici nei pressi e piantarono alberi costruirono anche cisterne, alcune a cielo aperto, altre ricoperte da tettoie, da usare in inverno come bagni caldi; c'era il bagno del re e i bagni di privati, che erano tenuti a parte, e c'erano bagni separati per le donne, per i cavalli e per il bestiame ed ognuno di questi era ornato nel modo migliore. Delle acque che scorrevano via essi ne portavano una parte nel boschetto di Poseidone, dove crescevano tutti i tipi di alberi di stupenda altezza e bellezza grazie all'eccellenza del suolo, mentre l'acqua che avanzava era convogliata per mezzo di acquedotti lungo i ponti verso i cerchi esterni, e vi erano molti tempi costruiti e dedicati ai numerosi dei, anche giardini e luoghi per esercizi, alcuni per uomini, altri per i cavalli, in entrambe le due isole formate dalle zone; e nel centro della più larga delle due c'era una pista da corsa larga uno stadio e lunga quanto tutta l'isola, in cui potevano correre i cavalli. C'erano inoltre stazioni di guardia, ad intervalli, per le guardie, le più fidate delle quali erano incaricate di tenere d'occhio la zona più piccola che era più vicina all'acropoli, dove i più fidati avevano le case dategli nei pressi della cittadella vicino ai familiari dei re. I porti erano pieni di triremi e di magazzini navali e tutto era quasi pronto all'uso. Sufficiente per il piano del palazzo reale.
Lasciando il palazzo e attraversando le tre zone, si arrivava ad un muro che iniziava sul mare e faceva tutto il giro: questo era in ogni punto distante cinquanta stadi dalla zona più larga o parte, e la racchiudeva interamente, i due capi del muro si incontravano all'ingresso del canale che conduceva al mare. L'intera area era densamente popolata di abitazioni e il canale e il più largo dei porti erano pieni di vascelli e mercanti che arrivavano da tutte le parti che, per il loro numero, risuonavano di una moltitudine di suoni di voci umane e di rumori e suoni di tutti i tipi di notte e di giorno.
Io ho descritto la città e i dintorni dell'antico palazzo circa con le parole di Solone e ora devo cercare di descrivere la natura e la sistemazione del resto della terra. L'intero paese era detto da lui essere molto elevato e a precipizio dalla parte del mare, ma la parte del paese nelle immediate vicinanze e intorno alla città era una pianura livellata, essa stessa circondata da montagne che si tuffavano nel mare, era regolare ed uniforme e aveva una forma oblunga, estendendosi in una direzione per tremila stadi, ma attraverso il centro erano duemila. Questa parte dell'isola guardava verso sud ed era riparata dal nord. le montagne circostanti erano celebri per il loro numero e dimensione e bellezza, e al di là di tutto ciò che ancora esiste, essi possedevano al loro interno anche molti salubri villaggi nella campagna, e fiumi, e laghi e pascoli che rifornivano sufficiente cibo per ogni animale, selvatico o d'allevamento, e molto legno di vari tipi, abbondante per ogni tipo di lavoro.
Ora descriverò la pianura, come era affascinante per natura e per il lavoro di molte generazioni di re attraverso lunghi anni. Era per la maggior parte rettangolare ed oblunga, e poi discendeva seguendo la linea del canale circolare. La profondità, la larghezza e la lunghezza di questo canale erano incredibili e davano l'impressione che un lavoro di una simile estensione, sommato a molti altri, non sarebbe mai potuto essere artificiale. Nonostante ciò, io devo dirvi ciò che mi venne raccontato. Era scavato della profondità di un centinaio di piedi e la sua larghezza era di uno stadio in ogni punto, era stato realizzato intorno alla intera pianura ed aveva una lunghezza di diecimila stadi (quasi 2000 chilometri!) Riceveva i flussi d'acqua che venivano giù dalle montagne e che circolando intorno alla pianura e incontrandosi in città finivano infine nel mare. Inoltre nell'interno, similmente, canali diritti di cento piedi di larghezza erano tagliati da esso per tutta la pianura e quindi si gettavano nel canale in direzione del mare. Questi canali erano posti ad intervalli di cento stadi e grazie a questi essi portavano giù la legna dalle montagne alle città e convogliavano i frutti della terra in navi, tagliando passaggi trasversali da un canale ad un altro e verso la città. Due volte l'anno si raccoglievano i frutti della terra, in inverno grazie ai benefici delle piogge del cielo, in estate grazie all'acqua che proveniva dai canali.
In quanto alla popolazione, ognuno dei gruppi della pianura doveva scegliersi un capo per gli uomini abili al servizio militare e la dimensione di ogni territorio era un quadrato di 10x10 stadi e il numero totale dei lotti era di 60.000. E degli abitanti delle montagne e del resto del paese ve ne erano una grande moltitudine che era distribuita tra i lotti e aveva i capi assegnati loro in accordo con i loro distretti di appartenenza e i villaggi. Al capo era richiesto in tempo di guerra di fornire la sesta parte di un carro da guerra, così da avere fino a diecimila carri da guerra, oltre a due cavalli e relativi cavalieri e una coppia di cavalli da carro senza sella, accompagnati da uno stalliere che potesse combattere appiedato portando un piccolo scudo e avendo un carrettiere che stesse dietro l'uomo armato per guidare i due cavalli; gli veniva richiesto di fornire due soldati completi di armi pesanti, due portatori, tre lanciatori di pietre e tre lanciatori di giavellotto che erano stati dotati di armi leggere, e quattro marinai per essere di completamento di 1200 navi. Questo era l'ordinamento militare della città del re, l'ordinamento degli altri nove governatorati variava, e sarebbe monotono render conto delle differenze.
In quanto agli uffici ed onori ciò che segue era quello che riguarda il primo. Ognuno dei dieci re, nella sua divisione e nella propria città aveva il controllo assoluto sui cittadini e, nella maggioranza dei casi, anche delle leggi, punendo e condannando a morte a proprio piacimento. Dunque, l'ordine di precedenza tra essi e le mutue relazioni erano regolate dalle disposizioni di Poseidone che aveva creato le leggi. Queste furono incise dai primi re su una colonna di oricalco, posizionata al centro dell'isola nel tempio di Poseidone, dove i re si riunivano assieme alternativamente ogni quinto e sesto anno, in questo modo rendendo onore uguale ai numeri pari e dispari. E quando essi erano riuniti assieme si consultavano sugli interessi comuni e si interrogavano se qualcuno avesse trasgredito in qualcosa e venivano sottoposti a giudizio e prima di essere giudicati essi si scambiavano reciprocamente solenni promesse in questo modo: C'erano tori che stavano nei pressi del tempio di Poseidone e i dieci re, essendo doli nel tempio, dopo aver offerto preghiere al dio affinché essi potessero catturare la vittima giusta per lui, uccisero i tori, senza armi ma con ..... e con cappi, e il toro che acchiappavano essi portarono di fronte alla colonna e gli tagliarono la gola su di essa così che il sangue cadesse sulle sacre iscrizioni.
Ora, sulla colonna, affianco alle leggi, vi era scritta una preghiera che invocava potenti punizioni per il disobbediente. Quando inoltre, dopo aver sacrificato il toro nel modo adeguato, essi avevano bruciato le sue cosce, essi riempivano una boccia di vino e preparato un coagulo di sangue per ciascuno di essi, mettevano al fuoco il resto della vittima, dopo aver purificato la colonna tutto intorno. Quindi essi versavano dalla boccia in calici d'oro e versavano una libagione sul fuoco, essi giuravano che essi avrebbero giudicato in accordo alle leggi della colonna e avrebbero punito colui che in qualche punto le avesse trasgredite, e per il futuro essi non avrebbero, se potevano aiutare, mancato contro le scritture della colonna, e mai avrebbero comandato gli uni sugli altri, ne obbedito ad alcun ordine da parte loro di agire diversamente da quanto previsto dalle leggi del loro padre Poseidone. Questa era la preghiera che ognuno di essi offriva per se stesso e per i propri discendenti, contemporaneamente bevendo e sacrificando dalla coppa in cui essi bevettero nel tempio del dio; e dopo aver cenato e soddisfatto i loro bisogni, quando scendeva l'oscurità e il fuoco del sacrificio era freddo, tutti indossavano i loro più bei vestiti azzurri e sedendo in terra di notte, sopra le brace dei sacrifici che avevano compiuto e estinguendo tutto i fuoco intorno al tempio, essi ricevevano e davano giudizio, se qualcuno di loro aveva una accusa contro qualcun altro, e quando essi giudicavano durante l'intervallo del giorno scrivevano le loro sentenze in una tavoletta d'oro e la dedicavano assieme alle loro cose affinché restasse a memoria.
C'erano molte leggi speciali riguardanti i differenti re, incise nei templi, ma la più importante era la seguente: essi non potevano prendere le armi l'uno contro l'altro e dovevano intervenire in soccorso se qualcuno in una qualunque delle città avesse cercato di rovesciare la casa reale; similmente ai loro antenati essi dovevano deliberare in comune sulla guerra e su altri argomenti, dando la supremazia ai discendenti di Atlas. E il re non aveva il potere di vita e di morte su nessuno dei suoi parenti senza l'assenso della maggioranza dei dieci.
Questo era il vasto potere che il dio aveva donato alla perduta isola di Atlantide e questo egli più tardi diresse contro la nostra terra per le seguenti ragioni, così come racconta la tradizione. Per molte generazioni, fino a che la natura divina restò in loro, essi rispettavano le leggi e ben affezionati al loro dio,.di cui il seme essi erano; per questo essi possedevano sinceri e sempre grandi spiriti, unitamente a gentilezza e saggezza nei vari casi della vita e nelle relazioni tra gli uni e gli altri. Essi rispettavano ogni cosa per virtù, curandosi poco del loro presente stato e pensando illuminatamente al possesso di oro e di altre proprietà, che per loro sembrava solo un peso; essi non venivano intossicati dalla lussuria ne privati del loro autocontrollo ma erano sobri e vedevano chiaramente che tutti questi beni erano accresciuti da virtù e amicizia dell'uno con l'altro, in contrasto con il grande riguardo e rispetto per loro, essi si sono persi e con essi l'amicizia tra loro. Per simili riflessioni e per la prosecuzione in loro della natura divina, le qualità che abbiamo descritte crebbero e aumentarono tra loro, ma quando la parte divina cominciò a scomparire venendo troppo diluita con la parte mortale, e la natura umana divenne la parte più grande, essi allora divennero incapaci di gestire la loro fortuna, reagirono in modo indecente e a colui che aveva un occhio per vedere visibilmente incrementato il degrado, perché essi stavano perdendo la parte migliore dei preziosi doni, ma per coloro che non avevano occhi per vedere la vera felicità, essi apparivano gloriosi e santi anche quando essi erano pieni di avarizia e di ingiusta potenza. Zeus, il dio degli dei, che governa secondo la legge, ed é capace di guardare queste cose, percependo che un giusto corso della vita era in cattivo stato e desiderando infliggere una punizione su di loro, così che essi potessero essere castigati e corretti, raggruppò tutti gli dei nella più santa tra le loro abitazioni che, essendo posta al centro del mondo, poteva osservare tutte le cose create. E quando li ebbe riuniti tutti parlò così:...

Fine
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Il resto del testo non ci é mai arrivato... peccato!
Spero vi sia piaciuto almeno quanto é piaciuto a me... e se trovate errori o qualche parte fosse poco comprensibile, contattatemi cosicché possa effettuare la correzione...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

Precedenti:

Zoe e le altre, di Paola Carta

Chi è Zoe?
... e le altre?

Inizio a leggere il libro di Paola Carta dalla quarta di copertina, come faccio spesso, alla ricerca di informazioni sull'autore e sul libro.
Conosco poco Paola Carta, anche se è mia compaesana. La conosco come ci si conosce quando si è dello stesso paese ma non ci si è mai frequentati.
Ora, dopo aver letto il suo libro, penso di conoscerla meglio!

Zoe è la protagonista di un racconto, "Manifesto femminile". 
Zoe è una femminista (forse... ma forse non proprio femminista femminista... comunque aveva superato la fase in cui era arrabbiata con il mondo!).
Aveva condiviso le idee e le battaglie delle donne, e aveva deciso...

Paola ha lasciato il paese tanti anni fa, come ho fatto anche io e tanti altri, ma ora è tornata. 
Quali esperienze ha vissuto in questi anni?
Cosa la spinse ad andar via e perché ora è tornata?
Non credo di avere il diritto di chiederlo a lei, però posso immaginare, dal suo libro, tante cose.

Dopo la quarta di copertina sono passato all'indice... e da li a pagina 37, attirato dal titolo: "sardità".
Sarà la stessa mia "sardità"? o vi saranno differenze?
Leggo...

"Ho deciso che non dirò più le tristezze della mia terra
Ho deciso che canterò la sua bellezza
Ho deciso che non mi arrabbierò più 
perchè sempre sfruttata e schiava
illusa e tradita"

Paola Carta è tornata a Gesico, un piccolo paese della provincia di Cagliari, in Sardegna, l'Ichnusa degli antichi o Sandaliotis, Icho, Cadossene, Munivia e chissà in quali altri modi... io invece non ancora, ritornerò mai in Sardegna? Penso, sempre più spesso, che "Si", quando sarà il momento tornerò... come tanti altri prima di me. Come tanti altri dopo di me!

"I've learned that people will forget what
you said, people will forget what you did,
but people will never forget how you made
them feel".
(Maya Angelou)

Ogni parola scritta è una pietra posata nel futuro.
Ecco perchè io scrivo. Immagino che sia il pensiero di tanti scrittori, credo che sia anche il pensiero di Paola, anche se non posso esserne certo. Sicuramente era ciò che pensava Maya Angelou, alias Marguerite Ann Johnson.

Paola è stata lontana dal proprio paese per tanti anni, per studiare e per lavoro.
Ha passato anni a lavorare per ONG. Sud America, Africa, Italia... e dovunque lo stesso dolore, la stessa sofferenza, le stesse persone, uguali eppure così diverse! 
Zoe, Irene, Marina... o Paola?

Potrei continuare a descrivere ciò che ho trovato tra le pagine di "Zoe e le altre", potrei parlarvi delle esperienze di Paola, scusate, di Irene a Rio de Janeiro. Potrei parlarvi di Marina e dei suoi anziani non autosufficienti, potrei parlarvi dei sogni e del loro significato... 
ma preferisco fermarmi qui e invitarvi a leggere il suo libro, cosicché sia lei a parlarvi, direttamente, e non per interposta persona.

Buona lettura a voi e, a Paola, i miei complimenti!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 5 marzo 2017

Destinazione cervello, di Isaac Asimov

In questi giorni di riposo mi sono dedicato a censire i libri della mia biblioteca.
Quando prendevo un libro in mano per registrarne i dati essenziali, mi tornava in mente quando l'avevo letto o dove l'avevo acquistato, allora scorrevo le pagine e ne rileggevo alcuni passi.
Non so se vi è mai capitato di essere tentati di rileggere un libro. A me capita di tanto in tanto.
Risultati immagini per destinazione cervello asimovDeve trattarsi di un libro indimenticabile naturalmente e così è stato anche stavolta con "Destinazione Cervello", di Isaac Asimov.
Acquistai il libro nel 1991 e lo lessi in due o tre giorni, in estate, in Toscana, durante un soggiorno a Pisa.
La verità è che fui tratto in inganno da un libro che avevo letto alcuni anni prima, preso in prestito dalla biblioteca di Isili, il titolo era "Viaggio Allucinante", anch'esso di Isaac Asimov, ma si trattava di una trasposizione di un film.
In ogni caso, errore o meno, lessi il libro e mi affascinò.
Così, aperto il libro per leggere qualche frase delle prime pagine, mi sono ritrovato a pagina cinquanta senza quasi rendermene conto.
Ormai il lavoro di registrazione era interrotto, l'avrei ripreso il giorno dopo, o forse mai, ma avevo deciso che per ora avrei riletto il libro... e così è stato.
Si tratta di una storia ambientata in un futuro non troppo lontano in cui americani e russi si contendono il predominio nel campo scientifico.
Il nostro eroe si chiama Albert Morrison, e dell'eroe ha veramente poco. E' un neuropsichiatra che non viene preso troppo sul serio dai colleghi, per niente coraggioso, con alle spalle un matrimonio fallito e con la prospettiva di perdere il lavoro...
Nel corso di una conferenza, viene avvicinato da una scienziata russa, Natalya Boranova, esperta di miniaturizzazione, che lo invita a unirsi al suo team per aiutarla a risolvere un problema. Ne avrebbe beneficiato anche lui avendo l'occasione di dimostrare la validità delle sue teorie.
Naturalmente Alber rifiuta, più per vigliaccheria che per amor di patria, nonostante i Servizi Segreti americani, rappresentati dall'agente Rodano, gradirebbero un suo coinvolgimento per verificare a che punto siano giunti  i russi nello sviluppo del loro progetto di miniaturizzazione.
I russi, non riuscendo a convincere il nostro Albert, lo rapiscono.
Dal rapimento in poi l'azione si svolge in un laboratorio segreto dove Albert, suo malgrado, diventa compagno di avventure del team della Boranova, del quale fanno parte anche Yuri Konev, Arkady Vissarionovich Dezhnev e Sophia Kaliinin.
La missione consiste nel penetrare nel cervello del professor Shapirov, entrato in coma a seguito del fallimento di un esperimento di miniaturizzazione, per cercare di recuperare informazioni utili al perfezionamento della tecnica di miniaturizzazione.
Durante il viaggio Asimov ci fa conoscere i diversi personaggi e i loro rapporti.Ognuno di essi è, nel suo campo, un genio.
Naturalmente Asimov, da ottimo scienziato quale è, oltre che scrittore, arricchisce il suo romanzo di dettagli scientifici verosimili per cui leggendo il libro si scopre tra l'altro il funzionamento del cervello, l'organo più complesso del corpo umano.
Non mancano le sorprese, che tengono sempre il lettore attaccato al libro fino alla fine... in cui si scopre che Albert Morrison, in effetti, non è altri che...

Ma credo di aver detto anche troppo. 

Buona lettura a voi tutti!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Erodoto e la guerra di Troia secondo i Persiani


Se si sente parlare della guerra di Troia il nostro pensiero ci porta ai ricordi che abbiamo dell’Iliade di Omero, studiata a scuola o, magari, letta per diletto o ancora vista in televisione in una delle sue innumerevoli rappresentazioni. Difficilmente si pensa ad altro che al rapimento della bellissima Elena, ad opera di Paride, figlio di Priamo, re di Troia. Elena, donna bellissima, viene rapita e condotta a Troia… il resto è cosa nota!
Scena di battaglia - immagine tratta da Wikipedia
Ma vediamo invece cosa dice Erodoto in merito. Erodoto è lo storico più famoso dell’antichità. Erodoto era di Alicarnasso, città dell'impero persiano, oggi Bodrum, in Turchia. La sua opera più importante s’intitola “Storie” e venne pubblicata intorno al 430 a.C.
Il libro inizia esattamente con la spiegazione dell'origine delle ostilità tra greci e persiani, secondo la versione di questi ultimi.
Secondo i persiani tutto ebbe inizio a causa dei fenici. Questo popolo di viaggiatori e commercianti si era da poco installato sulle rive del Mediterraneo quando un gruppo di commercianti che si trovava ad Argo rapì Io, la figlia di Inaco. Io fu condotta in Egitto.
Il rapimento di Io fu il primo di una serie che condusse alla guerra.
Più tardi, ci dice Erodoto, alcuni greci o cretesi che si trovavano a Tiro in Fenicia rapirono Europa, figlia di Agenore, con questo secondo rapimento la partita poteva considerarsi chiusa con un pareggio.
Ma i greci non si accontentarono di pareggiare i conti e rapirono Medea, la figlia del re della Colchide, Eeta. Il re mandò degli ambasciatori a chiedere indietro la figlia ma non venne soddisfatto.
Alessandro, conosciuto anche come Paride, figlio di Priamo, sentiti questi racconti e preso dalla voglia di prendersi una donna in Grecia decise di rapire Elena, moglie di Menelao, re di Sparta.
I greci mandarono ambasciatori a chiedere la restituzione della donna ma gli fu risposto che  non avendo essi restituito Medea in precedenza, non si capiva perché loro avrebbero dovuto restituire Elena.
I greci non intendevano lasciare Elena ai persiani e così mossero in armi contro di essi, guidati da Agamennone, fratello maggiore di Menelao.
Così inizia la guerra di Troia, magistralmente raccontata dal cantore cieco noto come Omero.
Erodoto non si ferma alle origini della guerra ma ci racconta anche le considerazioni dei dotti persiani in merito alla guerra, infatti per essi:
"se il rapir donne é azione da uomini ingiusti, é da stolti il prendersi pena per vendicarle; mentre é da uomini benpensanti non curarsene affatto, poiché é chiaro che, se esse non volessero, non si lascerebbero rapire."
Oggi, una frase simile non sarebbe considerata politicamente corretta, fatto sta che sia da una parte sia dall'altra questa considerazione non venne fatta. 
La guerra venne disputata, Troia fu distrutta e i Persiani da allora iniziarono a considerare i greci come nemici!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO